Con qualche reticenza, perché se ne parla troppo e troppo male, ma senza esitazioni, perché quasi nessuno sembra capirci niente, vorrei dire la mia sul recente risultato elettorale della Amministrative 2012. I voti sono segnali generali, diceva Gramsci, momenti di riflessione collettiva. E oggi la riflessione deve riguardare in primo luogo quella metà della popolazione che ha deciso di non votare. Vittorie, ritirate e disfatte… tutto va misurato su quel cinquanta per cento che non è andato alle urne. La stanchezza della popolazione per una politica separata dalla società è dunque l’unica conferma certa. Ci sono poi i successi del Movimento Cinque Stelle, cui si aggiungono le vittorie qua e là di altre liste civiche di base, ambientaliste, No Tav ecc. Il Movimento Cinque Stelle in particolare, la sorpresa più clamorosa delle elezioni, propone un rinnovamento dal basso, attraverso l’autogoverno dei cittadini, contro il professionismo del ceto politico. Ma la cosa che mi pare sfugga a tutti è che mentre l’idea dell’autogoverno, di cui Grillo si è fatto polemico portavoce, è bellissima, davvero ardua è la sua realizzazione senza cambiare non solo il vertice, ma la struttura stessa della società e dello Stato. Infatti in un sistema complesso, dove macrostrutture e microeconomia viaggiano in parallelo, l’autogoverno dell’antico villaggio è inadeguato a rispondere ai problemi del villaggio globale. Lo stesso strumento principe della comunicazione di Grillo & C., ovvero la rete, è parte di un segmento industriale controllato da grandi gruppi finanziari. Per questo, oltre la protesta e i vaffanculo, l’unico modo per armonizzare l’autogoverno dal basso con l’orizzonte globale è il governo generale della società, che è a sua volta una funzione del sistema capitalistico, basato sull’accumulazione privata del profitto. Per modificarne gli orientamenti è dunque indispensabile uscire dalla logica capitalistica, cosa che significa riscoprire la politica e aggredire con la forza di uno Stato rifatto alla radice i megainteressi che governano l’economia e la vita sociale. Un percorso che non può esaurirsi nel semplice appello alla società civile contro la politica, poiché nel ventre della società si annidano gli stessi vermi che ne hanno corroso la testa: l’individualismo, il razzismo, la violenza, l’inganno. Dunque la pulizia, la costruzione di una forza durevole che affronti la complessità del processo di trasformazione, deve cominciare dal nostro cervello, dalla nostra cultura, dalle nostre abitudini e valori. Questo è il passaggio più difficile. Per superarlo non basta un voto di protesta, né una voce solista, per quanto trascinante, serve un coro umile e pensoso che provi e riprovi le canzoni che nessuno ha ancora cantato. Parlando per metafore… serve un serbatoio che raccolga le ondate di piena e conservi l’acqua, altrimenti le onde possono rifluire e lasciare sul terreno solo nuove delusioni.
Nell'immagine: la copertina di FRIGIDAIRE n.242 e quella de IL NUOVO MALE n.7 che contiene all'interno l'inserto speciale "Il Fattone Quotidiano" (falso/parodia de "Il Fatto Quotidiano"), e una vignetta di Cecigian pubblicata sullo stesso numero. Entrambe le riviste sono nelle edicole di tutta Italia.
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