Satira e tragedie
di Vincenzo Sparagna - 26-12-2013
Tra le molte disgrazie di questo tempo infelice vi è anche la continua trasformazione delle vere tragedie contemporanee in presunta satira, ovvero in un esercizio formale che non serve più a criticare il reale, ma a celebrarne i trionfi sotto forma di barzelletta (sporca per natura). Questa pseudosatira è diventata – grazie ai tanti giullari professionisti che invadono servizi pubblici televisivi e fogli di regime – un’appendice servile del potere. Da critica radicale dell’ipocrisia e della doppia morale borghese, si è trasformata nello stupido ghigno di chi confonde l’ironia con la volgarità inutile o la cieca partigianeria. In Italia, complice il berlusconismo trionfante a destra come a sinistra, il fenomeno sembra inarrestabile, ma il problema non è solo italiano. In tutti i paesi sviluppati (dagli Stati Uniti al Giappone, dal Brasile alla Russia) mentre il mondo è sempre più un inferno di sangue, veleni e guerre, va di moda la superficialità più idiota. Sui media di massa e nella onnipresente pubblicità l’adorazione del Dio Denaro si accompagna all’esaltazione del Dio Divertimento, che ne è l’ingannevole compagno di giochi. Il paradosso è che sia l’uno che l’altro non danno gioia, anzi moltiplicano l’infelicità di tutti. Infatti il denaro condanna quelli che non ce l’hanno a cercarlo senza tregua per sopravvivere, ma perseguita pure i ricchi, che per difenderlo e moltiplicarlo devono essere pronti a qualsiasi crimine, perdendo ogni umanità. E il divertimento è anch’esso una chimera. Quando è poco genera ansia, quando è troppo noia e vuota arroganza. Tanto più che la cultura dominante lo identifica con il possesso (di oggetti, di persone, di tempo) e questo produce infinite frustrazioni e tristezze. Per uscire da questo vicolo cieco la satira non può che essere rivoluzionaria, affrontare il mare aperto dell’autonomia, combattere il feticcio del divertimento obbligato e della ricchezza. Conservando la sua positiva allegria e cercando di trovare - senza vendersi a nessun padrone - gli spiccioli necessari per andare avanti in assoluta libertà (come facciamo noi di Frigidaire e de Il Nuovo Male. A proposito: abbonatevi cazzo!).
Vignetta di Ugo Delucchi, pubblicata su IL NUOVO MALE n.7 (maggio 2012).
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