Il tempo della natura
di Vincenzo Sparagna - 1-07-2014
Tutti sanno che il tempo umano, ovvero la nostra storia, si misura in decenni, secoli o millenni mentre il tempo della natura in milioni o miliardi di anni. Ma questa distanza abissale rischia di non farci vedere il pericolo che ci sovrasta. Infatti l’umanità sta consumando e distruggendo la pellicola di terra su cui viviamo e la piccola bolla d’aria che respiriamo a un ritmo talmente elevato che ormai enormi e tragici cambiamenti sono già in atto. Le sempre più frequenti notizie di tifoni, tornado, uragani che stravolgono intere regioni, l’alternarsi rapido di alluvioni e siccità in vaste aree del pianeta, lo scioglimento dei ghiacci a nord e a sud, non sono frutto di un caso maligno, ma la conseguenza diretta, ormai più che evidente, dell’insensato comportamento umano. Lo sfruttamento intensivo dei giacimenti petroliferi e di gas nel mare artico, la deforestazione accelerata in Amazzonia, il crescente inquinamento del suolo e delle acque in Africa come in Europa, in America come in Asia, hanno origine in un sistema impazzito il cui unico principio è sempre e solo il profitto a breve termine. Le conseguenze catastrofiche di questo sistema sono ormai sotto gli occhi di tutti: morti, malattie, devastazioni, popoli in fuga dalle guerre e dalla fame, moltitudini di poveri. Eppure un velo di ipocrisia consumistica, di false certezze sull’eternità del presente, impedisce di cogliere la portata del disastro in atto. Il tempo umano, afflitto dalla competizione tra imprese, popoli e classi ereditata dai secoli precedenti, sembra precipitare sempre più sul tempo naturale, stravolgerne il corso a danno della vita così come la conosciamo. La globalizzazione capitalistica ha moltiplicato ovunque un modello di società distruttivo della natura, e continua a sotterrare le sue scorie in giardino per ritrovarle come virus nel sangue dei figli. Allora, mentre prendiamo giustamente il telefono per donare un euro o due ai filippini senza più casa e cibo, dobbiamo sapere che di questo passo l’uragano della natura entrerà anche in casa nostra e non basterà nessun telefono amico a salvarci. Ma di questo le nostre ottuse classi dirigenti non si preoccupano. Sono troppo impegnate a salvare dalla galera gli amici ladri, occupare poltrone di segretario, acquistare droni e cacciabombardieri o bucare le montagne per treni più inutili che veloci.
Vignetta di Frago, pubblicata su IL NUOVO MALE n.16 (novembre 2013).
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