Tamburini e Pazienza: quello che i morti insegnano ai vivi
di Vincenzo Sparagna - 22-5-2016
Si "festeggiano" in questi giorni i 60 anni (potenziali) di Andrea Pazienza (23 maggio 1956 - 16 giugno 1988), mentre poche settimane fa, durante l'AFA Festival, bella rassegna di fumetti indipendenti al Leoncavallo di Milano, ho partecipato a un dibattito su Stefano Tamburini a 30 anni dalla morte (15 agosto 1954 - fine aprile 1986). Strana combinazione di omaggi, sospesi tra vita e morte. Quando li conobbi, più giovani di me di dieci anni, erano due ragazzi ventenni di immenso talento. Andrea era dotato di una sensibilità estrema per la linea e il colore e di una creatività infinita, tanto che (in vita, non da morto...) lo definii "il nostro Leonardo, il nostro Mozart". Era anche umile come solo i grandi sanno essere e non esitava a chiamarmi "genio" e "maestro", perché apprezzava non solo i miei testi, ma pure i disegni fantastici che facevo fin dagli anni '60 (nel 1985 su Frìzzer * ebbe la brillante idea di commentarli e così nacque l'immaginario movimento dell'Arte Maivista). Stefano era diverso, una forza della natura, un leone, un capo, una spugna sensibile capace di assorbire tutti i segni del mondo che cambiava, uno sperimentatore appassionato, un inventore di forme e storie implacabili e illuminanti. Lui ed io eravamo simili per capacità di decidere e autorevolezza nel comando, per noi le periferie non avevano segreti, fossero di Napoli, di Roma o di New York, affrontavamo il mondo con il coraggio e l'incoscienza astuta di avventurieri. Senza la partecipazione di quei due giganti, e senza la finezza letteraria e il segno crudele di Filippo Scozzari, la rivista Frigidaire non avrebbe mai potuto essere concepita. Finalmente, dopo un anno di sbattimenti, la nostra creatura solo immaginata divenne, nel novembre 1980, una sequenza di pagine patinate, una folla di segni, di intelligenze, di passioni diverse, un coro, un'orchestra polifonica. Presto ai fondatori si aggiunsero decine e decine di disegnatori, scrittori, giornalisti anomali e intraprendenti, tanto che quando la tragedia ci colse con la morte di Stefano prima e di Andrea poi, la rivista, pur straziata dalle cicatrici, fu ancora capace di resistere alle persecuzioni dello Stato, combattere e raccogliere nuove energie. Alla prima generazione, quella del nostro Rinascimento maturo, dei Mattioli, Liberatore, Carpinteri, Igort, Giacòn, Cadelo, Munoz, Caro, Cossu ecc. fece seguito la seconda, capeggiata dal favoloso Ugo Delucchi, l'unico disegnatore vivente degno di Paz per la morbidezza ed eccentricità del segno, con Palumbo, Ghermandi, Gabos, Catacchio, Semerano, Vilella, Vanni e gli altri "lupi del fumetto" che avevano debuttato su Tempi Supplementari *, e infine la terza e la quarta generazione fino ai protagonisti di oggi, come Maila Navarra, Maurizio Ercole, Marco Pinna, Hurricane e tanti altri. Perciò dico che in questi giorni, tra compleanni purtroppo immaginari e trentennali tristi, l'omaggio più grande ai nostri insostituibili cofondatori scomparsi lo rendono i giovani che leggono tuttora gli antichi e i nuovi Frigidaire, ragazze e ragazzi che anche dalle storie di più di 30 anni fa imparano a sfidare coraggiosamente il futuro, a continuare il viaggio verso l'ignoto, in eterna fuga dall'ovvio, dal giàvisto, da una società violenta, ingiusta e bruttissima. Perché noi di Frigidaire, morti o vivi, piccoli Davide contro i Golia degli imperi politici e culturali, non ci siamo ancora arresi e non lo faremo mai.
* Riviste inventate e prodotte da FRIGIDAIRE tra il 1985 e il 1986.
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