Vittorio Feltri, ex direttore dell’orrendo Libero (finito nelle mani dell’orrendo Maurizio Belpietro) adesso (per la seconda volta) direttore del Giornale, è una personaggio certamente spregevole e lo si sa da tempo. Prima era uno dei più assidui tirapiedi di Montanelli al Giornale (quando anche Montanelli prendeva i soldi da Berlusconi, ovvero prima della “discesa in campo” del Biscione), poi ne è diventato l’indegno erede, quando Montanelli fondò la Voce e lui restò al soldo di Mister TV.
Feltri è un giornalista falso, furbo e cattivo, ma con la faccia seria da consumato protagonista di talkshow. Nelle ultime settimane questo individuo, pseudogiornalista goebbelsiano, killer di verità e di buongusto, si è distinto perché, su mandato del suo boss, ha prima costretto a dimettersi il direttore dell’Avvenire Boffo accusandolo nientemeno… che di “omosessualità”, poi si è scagliato contro il “traditore” Fini minacciando di rivelare scandali che lo riguardano (e beccandosi una querela di cui non gli frega niente, visto che a difenderlo è il suo padrone). Ora, come tanti altri, si allinea con il volto rigato di finte lacrime al cordoglio per la morte “eroica” dei sei soldati della Folgore uccisi in Afghanistan in una guerra assurda che provoca solo morti e disastri.
Eppure qualcuno gli crede. Il suo Giornale è “popolare”, lui viene invitato in TV, accumula stipendi milionari, ed ogni tanto trova perfino qualche “avversario” che lo tratta con rispetto, come fosse un vero “opinionista”. Il fatto è che Feltri, purtroppo, non è un caso unico. Come lui, anche se meno bastardi, ce ne sono tanti
Perché la presunta “libertà di stampa” italiana ha ormai per lo più un volto infame: è la libertà di servire il padrone che ti assume. La televisione e i giornali pullulano di pseudogiornalisti impegnati a far carriera facendo gli interessi chi del boss mafioso, chi del boss locale, chi del segretario, chi del minestrone o della minestrina di turno. La loro onestà è pari a zero, ma il loro conto in banca ha spesso un sacco di zeri.
L’origine di questa degenerazione è ben nota. Quasi nessuna impresa editoriale è davvero autonoma, nessuna si regge davvero sui suoi lettori e lettrici. Tutte dipendono da questo o da quel gruppo di potere, da questa o quella clientela, dal favore del potente o prepotente di turno.
(Perciò, tra l’altro, Frigidaire è un caso unico…ed è costretto a chiedere 100 euro all’anno per il Passaporto di Frigolandia solo per pagare le bollette…)
Certo ci sono colleghi onesti, che cercano con intelligenza di fare il loro lavoro di narratori del presente, ma il loro numero è ben piccolo, la loro condizione sempre precaria ed anche i migliori sono costretti (quando non hanno altri redditi) a un tortuoso lavoro di ricamo diplomatico, che ne impoverisce e ne sporca la “purezza”. Magari hanno la piena libertà di attaccare alcuni, ma tacciono sulle malefatte di chi li paga.
Così se i militari italiani vengono uccisi in Afghanistan è meglio per tutti fare come Feltri: chiamarli “eroi” e allinearsi nel falso lutto nazionale, invece di chiedersi, con l’onestà che solo il dolore vero può dare, che ci facevano laggiù e chi li ha mandati a morire.
Vignetta di Fabrizio Fabbri.
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