Dopo l’Assemblea Generale dell’ONU, i 20 cosiddetti “grandi” si sono riuniti a Pittsburg per decidere cosa fare del mondo. Questi “grandi” sono, come si sa, i capi dei paesi più industrializzati, quelli con il Pil più alto, in feroce concorrenza tra loro per diventare sempre più “grandi”.
Il Presidente degli Usa Obama, il più simpatico tra loro, ha indicato gli obiettivi da perseguire: il disarmo nucleare, la difesa del pianeta dalla distruzione dovuta all’effetto serra, un nuovo ordine della finanza internazionale che metta al riparo da crisi future. Tutti hanno detto di condividere le sue parole. Ma nella pratica cosa possono fare, cosa fanno davvero questi “grandi”? Quasi niente. Per una ragione semplice: la capacità di governo di questi “grandi” è minima, capi e presidenti sono assai più i rappresentanti formali dei popoli che la loro guida effettiva. Essi cavalcano una tigre che va dove gli pare: l’economia capitalistica. Il governo mondiale è dunque un’illusione anche più di quanto non sia un’illusione il governo locale. A decidere dei destini del mondo sono meccanismi economici e interessi che sfuggono a qualsiasi controllo.
Questi vertici sono passerelle di buone intenzioni, ma accompagnati da cattive pratiche. Il destino collettivo dell’umanità non è di fatto nelle mani di nessuno, poiché è governato da un Dio invisibile, impersonale eppure vero: il Dio Capitale. Lo stesso segretario dell’ONU, pur apprezzando l’intenzione unanime di frenare l’effetto serra e l’avvelenamento del pianeta, ha dovuto ammettere che le trattative anche solo per stabilire un limite alle emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera sono lentissime, “glaciali”. Certo è bello che i capi di stato ammettano che un “effetto serra” c’è (come i vituperati ecologisti dicono da decenni), ma da qui a combatterlo sul serio ce ne corre. Per esempio le riduzioni decise dal famoso trattato di Kyoto, non sottoscritto da Usa, Cina ed altri, non sono state rispettate neppure dai paesi firmatari dello stesso trattato. Così gli “aiuti” ai paesi più poveri, solennemente votati all’ONU sin dal 1973, non sono stati mai erogati se non in minima parte, producendo più danni che vantaggi, più corruzione che miglioramento. Anche sul disarmo nucleare il risultato più grande raggiunto da Obama è aver bloccato una sua ulteriore escalation.
E mentre i 20 “grandi” si incontrano, le centinaia di “piccoli” cosa fanno? Molti diventano sempre più poveri, altri, tutt’altro che piccoli (come l’Iran) preparano autonomi arsenali nucleari, altri ancora sono sconvolti da guerre combattute con le armi opportunamente fornite dai “grandi” sotto forma di aiuti...
Così il treno dell’umanità, affidato a macchinisti che non riescono a pilotarlo, procede verso il burrone della catastrofe ambientale e delle guerre fratricide. E i popoli sono o troppo affamati o troppo assetati o troppo istupiditi per occuparsene.
Ognuno pensa ai fatti suoi, nell’illusione che la somma dei singoli interessi produca il bene. Un’illusione che la celebrazione del mercato, da Adamo Smith ad oggi, ha reso dogma. Chiedetelo al macellaio all’angolo, all’impiegato in carriera, alla escort barese, all’operaio o al sindaco di un qualsiasi paesino (per esempio Giano dell’Umbria). Se fossero sinceri vi direbbero che del resto del mondo, dell’umanità, della cultura, dell’etica, del rispetto non gliene frega niente. Ma purtroppo anche loro, come i grandi “capi”, da Putin a Gheddafi, da Zapatero a Berlusconi, sono ipocriti. Tutti si dichiarano “altruisti”, anche se affilano i pugnali.
Per salvare il mondo, diceva su Frigidaire mio padre Cristoforo Sparagna ventisei anni fa, servirebbe un miracolo, una palingenesi guidata da Dio. Ahimé quanto avevi ragione papà… Solo che Dio, visto il libero arbitrio, non è responsabile di quello che fanno gli esseri umani… O magari nemmeno esiste. Chissà… sarebbe proprio un bel guaio.
Vignetta di Fabrizio Fabbri.
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