La responsabilità dei popoli
di Vincenzo Sparagna - 11-9-2013
Durante una visita al campo di sterminio di Dachau, Angela Merkel, nella sua qualità di Cancelliere della Germania, ha ricordato la responsabilità collettiva del popolo tedesco nei crimini del nazismo. “Come ha potuto”, si è chiesta la Merkel, “la stragrande maggioranza dei tedeschi sopportare un simile orrore?”. In realtà non solo lo ha sopportato, ma, salvo pochissime eccezioni, ha sostenuto con entusiasmo Hitler. Al di là del contesto specifico, l’interrogativo resta, e non riguarda solo il popolo tedesco. Si potrebbe infatti parafrasare chiedendosi come mai, ancora oggi, la stragrande maggioranza dell’umanità sopporti (e perfino sostenga) guerre sanguinose, distruzioni ambientali apocalittiche, razzismi e violenze. La questione investe la responsabilità di tutti i popoli. Certo nel reale c’è sempre una “razionalità”, perciò ogni atto, ogni ideologia, ogni guerra e violenza, anche la più aberrante, compreso il massacro di bambini in Siria, ha delle cause specifiche. Ma rimane la domanda universale, filosofica se volete, come è possibile che l’umanità sopporti l’ingiustizia, la prepotenza, il razzismo e tutto il resto? C’è forse un fato oscuro, o un peccato originale, che conduce il cosiddetto homo sapiens a distruggere tutto e poi distruggersi? Io non credo. Penso piuttosto che l’istinto di sopravvivenza abbia subito con lo sviluppo globale del capitalismo una mutazione profonda. Da tendenzialmente collettivo (quale ancora era, con tutte le eccezioni e contraddizioni possibili, quando la vita era iscritta in una dimensione comunitaria o locale) sia diventato individuale. Ciascuno tende cioè a salvarsi da solo anche a costo della rovina di tutti. L’ottimismo mercantile di Adamo Smith alla fine del ’700 (se ciascuno fa i suoi interessi la risultante è l’interesse generale) è crollato di fronte alla voracità planetaria del capitale, che ha generato una forma di egoismo ideologico malato. Un fenomeno visibile anche nei conflitti religiosi e nei fanatismi contemporanei. I cristiani hanno perseguitato i giudei per secoli (si pensi ai roghi dell’Inquisizione), ma la politica hitleriana dell’annientamento totale è di appena 80 anni fa. Sunniti e sciiti si combattono da più di mille anni, ma solo da poco il loro conflitto è diventato così patologico e intessuto di interessi inconciliabili. E gli esempi potrebbero continuare. Non a caso delle tre parole d’ordine della rivoluzione francese (cui ancora si richiamano tutti gli Stati sedicenti moderni) l’unica che ancora viene usata dai governi è “libertà”, ma sappiamo con quanta ipocrisia. Sono state cancellate del tutto “eguaglianza” e ancor più radicalmente “fraternità”.
Vignetta di Giuliano, pubblicata su IL NUOVO MALE n.14 (maggio 2013).
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