Giulio Regeni e la verità
di Vincenzo Sparagna - 1-4-2016
Lo slogan "Verità per Giulio Regeni" è un appello sacrosanto che in tanti, prima tra tutti la coraggiosa madre, sostengono per manifestare contro il suo martirio in Egitto. Eppure sappiamo che quella verità non verrà mai rivelata. Questo solo perché è già chiarissima, ma non potrà mai riconoscerla né il regime egiziano, che dovrebbe autoaccusarsi di un crimine orrendo, né il governo italiano, che, basandosi su una semplice ipotesi senza prove, anche se è l'unica possibile, dovrebbe rompere i suoi rapporti commerciali e politici - al momento ottimi - con l'Egitto del generale Al Sissi. D'altra parte il giovane ricercatore è stato così barbaramente ucciso proprio perché i suoi aguzzini, agenti della polizia politica segreta egiziana, hanno agito sicuri dell'impunità. Per questa gente il fatto che fosse un giovane italiano non significava nulla. Come i sanguinari colleghi argentini o cileni degli anni '70 il loro compito era estorcergli - a qualunque costo - notizie sull'opposizione al regime, fargli confessare indirizzi, rivelare nomi. Cose che in un normale interrogatorio non avrebbe mai detto, per cui è stata considerata "necessaria” la tortura più estrema e la morte. L'atroce paradosso è che le sevizie sono diventate progressivamente più terribili proprio perché il soggetto, come è molto probabile nel caso di Regeni, non aveva nulla di importante da rivelare. In questi casi chi nega di sapere quello che davvero non sa diventa per i torturatori solo un ostinato che rifiuta di collaborare. Alla fine l'unico beffardo "privilegio" concesso a Regeni è stato che il suo corpo non è sparito, come quello di tanti altri egiziani, ma gettato per strada. Un gesto calcolato che ha permesso di interrompere le fastidiose ricerche di amici, parenti e autorità italiane, e aprire la via a ogni tipo di depistaggio: dall'incredibile “incidente stradale” alla misteriosa “vendetta privata”, fino alla assurda tesi del sequestro da parte di banditi, opportunamente già uccisi, con il ritrovamento dei suoi documenti a casa di uno dei morti. Carte che ovviamente gli agenti del regime custodivano dal momento stesso del rapimento. Come per tutte le stragi e gli assassini di Stato dobbiamo dunque continuare a chiedere la verità, ma con l'amara certezza di conoscerla già.
Immagine di Maila Navarra
coordinatrice, disegnatrice e grafica di FRIGIDAIRE e IL NUOVO MALE
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