Il tempo dell’estate
di Vincenzo Sparagna - 17-8-2013
Se si guarda un orologio il tempo ha un ritmo regolare. Un’ora è uguale a un’ora, un minuto a un minuto. Ma l’orologio è una nostra invenzione per dare una misura all’invisibile scorrere del tempo. Oltre quella misura c’è la nostra percezione e tutti sappiamo che certe ore sono brevi come la felicità e certi minuti lunghi come la sofferenza.
Anche nella nostra memoria il tempo si presenta diverso. I lunghi inverni che non passano mai, scanditi dalla fatica e dalle difficoltà quotidiane, sono appena delle ombre quando ci pensiamo. Mentre la breve estate al mare o in montagna, le cui ore sono volate tra cene e amori, prende, anno dopo anno, una dimensione mitica, quasi che tutta la nostra vita si riassumesse in quei giorni di gioia.
Questo tempo dell’estate, in realtà così fugace e leggero, è infatti quello più denso e incancellabile nel ricordo. Perché la nostra mente ha bisogno di spazio, di libertà, di felicità e l’estate, anche se, a causa del lavoro, dura solo una o due settimane, ci appare come un luogo spirituale pieno di eventi straordinari. Ogni nuova amicizia sembra un’apparizione, il mare è pieno di isole del tesoro, nei boschi danzano le ninfe, la più semplice collina è una montagna incantata. Credo che dovremmo far tesoro di questa differenza tra le stagioni. L’estate è il tempo dei poveri. Ci fa scoprire che è meglio viaggiare con un bagaglio leggero, che è bello lasciarsi sorprendere dal caso. In estate il canto delle cicale fa dimenticare i grigi inverni da formica e porta con sé il suono misterioso della libertà.
Vignetta di Giuseppe Del Buono, pubblicata su IL NUOVO MALE n.15 (luglio-agosto 2013).
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