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Frigidaire n.236, inserto-dossier: la relazione della Commissione dell'ONU per la legalizzazione delle droghe
 

Frigidaire n.236, inserto-dossier: la relazione della Commissione dell'ONU per la legalizzazione delle droghe

SINTESI GENERALE

La guerra globale alle droghe ha fallito i suoi obiettivi, con conseguenze devastanti per individui e società in tutto il mondo. 50 anni dopo l’istituzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui Narcotici (Single Convention on Narcotic Drugs) e 40 anni dopo che il Presidente Richard Nixon iniziò la guerra dell’amministrazione americana contro le droghe, è urgente una riforma radicale delle politiche di controllo delle droghe a livello nazionale e globale.
Le immense spese sostenute per mettere in pratica misure di criminalizzazione e repressione contro produttori, trafficanti e consumatori delle droghe non sono bastate a raggiungere l’intento di ridurre la fornitura o il consumo delle droghe stesse. Anche le piccole vittorie, quali l’eliminazione di questa o quella fonte di produzione o di questa o quella organizzazione di narcotrafficanti, sono cancellate quasi immediatamente dall’emergere di altre fonti di produzione e nuove organizzazioni dedite al narcotraffico.
Inoltre l’errata idea di bloccare il consumo attraverso la repressione dei consumatori impedisce di mettere in campo misure pubbliche capaci di diminuire la diffusione del virus HIV e dell’AIDS, prevenire le morti per overdose e ridurre le conseguenze dannose derivanti in generale dell’uso delle droghe.
Le enormi spese governative destinate a strategie sbagliate per la riduzione del consumo e fondate sulla condanna al carcere per consumatori e piccoli spacciatori bloccano i fondi che dovrebbero essere diretti alle più efficienti e sperimentate strategie per la riduzione della domanda e dei danni collaterali. I nostri principi e le nostre raccomandazioni possono essere riassunti come segue.
- Bisogna finirla con la criminalizzazione, la marginalizzazione e la condanna sociale delle persone che utilizzano droghe, ma non danneggiano gli altri.
- È necessario rivedere radicalmente e non rafforzare ancora le sbagliatissime idee comuni sul mercato, l’uso e la dipendenza dalle droghe.
- È inoltre urgente incoraggiare le sperimentazioni dei singoli governi verso una regolamentazione legale delle droghe per minare alla radice il potere del crimine organizzato e salvaguardare contemporaneamente la salute e la sicurezza dei propri cittadini.
- La raccomandazione di una completa legalizzazione è valida specialmente per la cannabis e i suoi derivati, ma è importante anche procedere verso la depenalizzazione e la regolamentazione legale di tutte le altre sostanze oggi inserite nella categoria “droghe”.
- È fondamentale offrire un adeguato trattamento medico a coloro che ne hanno bisogno. Per questo occorre rendere disponibile una sufficiente varietà di trattamenti. Ad esempio, per i tossicodipendenti da eroina è necessario non solo la distribuzione di metadone e buprenorfine, ma anche il trattamento assistito a base di eroina, pratica che si è dimostrata estremamente efficace in molti paesi europei e in Canada.
- È pure indispensabile favorire l’accesso alle siringhe sterili e a tutte le altre misure dirette a ridurre il danno, misure che hanno dimostrato la loro efficacia nel contrastare la trasmissione dell’HIV e di altre malattie del sangue, oltre che evitare quasi del tutto le morti per overdose.
- Per ottenere risultati positivi è fondamentale rispettare i diritti umani delle persone che usano droghe.
- Bisogna abolire tutte le pratiche di abuso portate avanti con la scusa del trattamento, come la detenzione forzata, il lavoro forzato, e la violenza fisica e psicologica del consumatore, azioni che cancellano ogni diritto alla libertà dell’individuo.
- È necessario infine applicare gli stessi principi e le politiche sopra descritte alle persone coinvolte ai livelli più bassi del mercato illegale delle droghe, come i coltivatori, i corrieri e i piccoli spacciatori. Molti di loro sono vittime di violenza e intimidazione o sono essi stessi dipendenti dalle droghe. Arrestare e incarcerare decine di milioni di queste persone negli ultimi decenni ha riempito le prigioni oltre ogni limite e distrutto molte vite e tante famiglie senza in alcun modo ridurre la diffusione delle droghe o intaccare il potere delle organizzazioni criminali. Infatti, a causa dei guadagni prodotti dal regime di illegalità, non sembra esserci limite al numero di persone disposte ad intraprendere attività legate al mercato delle droghe per migliorare le loro vite, provvedere al fabbisogno delle proprie famiglie, o semplicemente sfuggire alla povertà.
- Le risorse per il controllo delle droghe devono essere impiegate in altro modo. Si tratta di investire in tutte quelle attività che possano dissuadere i giovani dall’utilizzare la droga o che evitino a chi è gia un consumatore abituale di trovarsi coinvolto in problemi più seri.
- È fondamentale evitare i messaggi semplicistici del tipo “basta dire no” e le cosiddette politiche a “tolleranza zero” per concentrarsi su informazioni credibili e programmi di prevenzione centrati sulla valorizzazione delle relazioni sociali e dei rapporti tra coetanei. Le strategie di prevenzione di maggior successo sono quelle rivolte a specifici gruppi a rischio.
- Bisogna concentrare le azioni repressive solo contro le organizzazioni criminali violente, così da riuscire a comprometterne il prestigio, e inoltre contrastare duramente la cultura della violenza e dell’intimidazione. Per questo il lavoro delle forze dell’ordine dovrebbe essere concentrato non nel ridurre il mercato delle droghe in sè, ma piuttosto l’impatto negativo del mercato delle droghe sugli individui, la collettività e la sicurezza nazionale.
- Si deve iniziare fin da subito la trasformazione del regime globale di proibizione. È fondamentale sostituire le attuali strategie basate sull’ideologia e la convenienza politica immediata (che a volte prende la forma di patti elettorali scellerati con le organizzazioni di narcotraffico interessate solo alla conservazione del mercato illegale), con strategie nuove, basate su dati scientifici, sulla sicurezza dei cittadini e sul rispetto senza eccezioni dei diritti umani.
- Infine è improcrastinabile rivedere l’attuale catalogazione delle droghe che crea clamorose anomalie come la demonizzazione della cannabis, delle foglie di coca e dell’extasy.
- Le convenzioni internazionali esistenti devono essere riviste con urgenza per consentire una diffusa e coraggiosa sperimentazione tesa alla riduzione del danno, alla decriminalizzazione e alla regolamentazione legale della produzione e della distribuzione delle droghe.
- Si deve rompere ogni tabù e aprire un dibattito senza pregiudizi per riformare radicalmente la lotta alla droga.
Il tempo di agire è ora.

INTRODUZIONE

La guerra globale alle droghe ha fallito i suoi obiettivi. Quando le Nazioni Unite approvarono la Convenzione delle Nazioni Unite sui Narcotici 50 anni fa, e quando il Presidente Nixon iniziò la guerra dell’amministrazione americana contro le droghe oltre 40 anni fa, i politici credevano che una azione dura delle forze dell’ordine contro tutti coloro che sono coinvolti nella produzione, nella distribuzione e nel consumo di droghe, avrebbe portato ad un mercato in continua diminuzione, progressivamente liberato dalle droghe più diffuse come l’eroina, la cocaina e la cannabis.
Credevano che questa politica di inflessibile repressione avrebbe portato ad un mondo senza le droghe.
Al contrario la dimensione globale del mercato illegale delle droghe, largamento controllato dal crimine organizzato, è invece drammaticamente cresciuta.
Nonostante non siano disponibili stime attendibili sul consumo globale delle droghe degli ultimi cinquant’anni, una analisi degli ultimi dieci anni mette in evidenza un mercato in fortissima espansione (vedi tabella A).
Malgrado le prove crescenti che le politiche attuali non stanno affatto raggiungendo gli obiettivi, molti organismi politici a livello nazionale ed internazionale hanno evitato ogni controllo sulle loro azioni e hanno evitato ogni dibattito su possibili alternative.
Questa mancanza di direzione nella lotta alla droga ha portato alla formazione della nostra Commissione, e ci ha convinto che sia arrivato il momento per una revisione seria, globale e radicale delle strategie per il controllo del fenomeno della droga.
Il punto di partenza per questa revisione è il riconoscimento che la diffusione globale delle droghe comporta una serie di sfide in tema di salute pubblica e di condizioni economiche e sociali.
Si tratta di sfide che devono essere gestite, piuttosto che di una guerra da vincere.
I membri della Commissione di comune accordo hanno indicato a questo fine i quattro principi guida che devono informare le politiche e le strategie sulla droga sia a livello nazionale che internazionale, e hanno formulato undici raccomandazioni urgenti per agire in modo coerente e soprattutto efficace.

PRINCIPI

1) Le politiche sulla droga devono essere basate su consistenti prove scientifiche ed empiriche. La misura primaria del successo deve essere la riduzione del danno alla salute, alla sicurezza pubblica e al benessere degli individui e della società.

Nei 50 anni da quando le Nazioni Unite hanno dato vita ad un sistema di proibizione globale delle droghe, abbiamo anche imparato molto sulla natura e sulle modalità di produzione, distribuzione, uso e dipendenza dalle droghe; e abbiamo imparato molto sull’efficacia dei vari tentativi di ridurre questi problemi.
Può essere comprensibile che gli ideatori del sistema proibizionistico pensassero di sradicare la produzione e il consumo delle droghe alla luce delle conoscenze limitate disponibili all’epoca. Tuttavia non ci sono scusanti per ignorare le prove e l’esperienza accumulata in questi ultimi 50 anni. Le politiche e le strategie della lotta alla droga continuano spesso ad essere guidate solo da prospettive ideologiche, da convenienza politica, senza prestare alcuna attentione alle complesse dinamiche del mercato delle droghe, del consumo e della dipendenza che esse provocano.
Una politica efficace richiede una chiara individuazione dei suoi obiettivi. Nel 1961 la Convenzione delle Nazioni Unite sulle droghe definì chiaramente l’obiettivo ultimo del sistema: “il miglioramento della salute e del benessere della umanità”.
Questa affermazione è un monito che ci ricorda come le politiche di lotta alla droga erano state inizialmente pensate nella speranza di raggiungere obiettivi di riduzione del danno agli individui e alla società - meno criminalità, migliori condizioni di salute e maggiore sviluppo sociale ed economico.
Tuttavia, abbiamo misurato il successo della lotta alla droga con parametri del tutto diversi, che si riferiscono al processo in sé, come il numero di arresti, le quantità sequestrate, oppure la durezza delle pene inflitte. Questi parametri ci danno una indicazione di quanto duramente ci comportiamo, ma non ci indicano in nessun modo se stiamo migliorando “la salute e il benessere dell’umanità”.

2) La lotta alla droga deve essere basata sul rispetto dei diritti umani e su principi di salute pubblica. Dobbiamo porre fine alla stigmatizzazione e marginalizzazione delle persone che usano le droghe e di coloro che sono coinvolti ai livelli più bassi della coltivazione, produzione e distribuzione delle droghe. Dobbiamo trattare i tossicodipendenti come pazienti e non come criminali.

Ci sono principi fondamentali che devono essere rispettati in ogni politica nazionale e internazionale. Tali prinicipi sono sanciti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e da molti trattati internazionali. Sono di particolare rilievo nella lotta alla droga il diritto alla vita, il diritto alla salute, il diritto ad una corretta procedura legale e ad un giusto processo, il diritto di essere liberi da torture e trattamenti crudeli, inumani o degradanti, il diritto di essere liberi da ogni forma di schiavitù e da ogni discriminazione.
Come ha dichiarato Navanethem Pillay, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani: “Gli individui che usano droghe non perdono i loro diritti di essere umani. Troppo spesso i tossicodipendenti sono discriminati, sottoposti a trattamenti contro la propria volontà; marginalizzati e danneggiati da atteggiamenti che enfatizzano eccessivamente la criminalizzazione e il castigo senza dare il giusto peso alla riduzione del danno e al rispetto per i fondamentali diritti dell’uomo”.
Numerose consolidate e comprovate misure di salute pubblica (generalmente indicate con il termine di riduzione del danno, compreso l’accesso a siringhe sterili e al trattamento con il methadone e la buprenorfine) possono ridurre il rischio di morte per overdose e la trasmissione del virus HIV e di altre malattie del sangue.
Tuttavia i governi non sostengono tali interventi, preoccupati del fatto che migliorare le condizioni di salute dei tossicodipendenti indebolisca il “duro attacco contro la droga”. È un atteggiamento illogico che sacrifica la salute e il benessere di un gruppo di cittadini, mentre misure di protezione della loro salute sono disponibili. È una discriminazione inaccettabile che oltretutto aumenta i rischi per la comunità nel suo insieme.
Nei paesi che hanno avviato per primi strategie di riduzione del danno si sono verificati consistenti riduzioni della trasmissione del virus HIV tra le persone che si iniettano droghe.
Al contrario molti paesi che hanno fatto affidamento sulla repressione e la dissuasione come risposta all’aumento del tasso di trasmissione dell’HIV in riferimento al consumo di droghe stanno soffrendo le percentuali di aumento più alte di diffusione del virus tra i consumatori di droghe.
La lotta indiscriminata al “traffico di droga” è ugualmente problematica. Molte persone che prendono parte al mercato delle droghe sono a loro volta vittime di violenze e intimidazioni, o sono tossicodipendenti. Un esempio di questo fenomeno sono i cosiddetti “muli”, ovvero i corrieri, i quali coprono i ruoli più rischiosi nella catena di distribuzione. A differenza dei membri effettivi delle organizzazioni che gestiscono il traffico di droghe, questi individui non hanno in generale una storia criminale violenta, e alcuni si lasciano coinvolgere nel commercio di droghe principalmente per ottenere denaro per la loro stessa tossicodipendenza. Perciò non bisogna trattare tutti gli arrestati come egualmente colpevoli, molti sono costretti, disperati per la propria condizione e situazione economica. Non è opportuno punire questi individui allo stesso modo dei membri dei gruppi violenti del crimine organizzato che controllano il mercato.
Tuttavia molti paesi reagiscono contro le persone dipendenti dalla droga con punizioni e condanne pubbliche.
In realtà la dipendenza dalle droghe ha una molteplicità di cause sociali, psicologiche e fisiche (incluse dure condizioni di vita o traumi personali e problemi emozionali).
Cercare di trattare questa complessa condizione medica con il castigo giudiziario è inefficace. Si può ottenere un risultato assai migliore con una somministrazione controllata.
I paesi che hanno trattato i loro cittadini tossicodipendenti come pazienti bisognosi di cure hanno ottenuto risultati estremamente positivi nella riduzione dei crimini e della dipendenza e nell’aumento della salute generale.

3) Lo sviluppo e l’avvio di politiche efficaci contro la droga dovrebbe essere una responsabilità globale, ma bisogna tener conto delle differenti realtà politiche, sociali e culturali. Le politiche dovrebbero rispettare i diritti e le necessità delle persone coinvolte nella produzione, nel traffico e nel consumo, come riconosce la Convenzione sul Traffico di Droghe del 1988.

Il sistema di controllo delle droghe dell’ONU si basa sull'idea che tutti i governi dovrebbero congiuntamente lavorare per combattere il mercato delle droghe e i problemi connessi.
Questo è un ragionevole punto di partenza e di conseguenza c’è una responsabilità che accomuna i paesi produttori, di transito e di consumo (anche se la distinzione non è così assoluta poiché molti paesi sono contemporaneamente tutte e tre le cose). Tuttavia l’idea della corresponsabilità è stata con troppa frequenza una camicia di forza che ha inibito lo sviluppo e la sperimentazione di politiche diverse.
L’ONU (attraverso il COMITATO INTERNAZIONALE di CONTROLLO degli STUPEFACENTI) e in particolare gli Stati Uniti (attraverso il suo metodo di “certificazione”), hanno energicamente lavorato durante gli ultimi 50 anni per assicurarsi che tutti i paesi adottassero lo stesso atteggiamento rigido nelle politiche sulle droghe, ovvero le stesse leggi e lo stesso approccio rigido.
Nella misura in cui i governi nazionali si sono resi conto sempre più della complessità dei problemi e delle diverse possibilità di risposta politica nei propri territori, molti hanno scelto di applicare le Convenzioni Internazionali in modo flessibile per provare nuovi programmi e strategie, come le iniziative di depenalizzazione e i programmi di riduzione del danno.
Ma quando questi hanno comportato un approccio più tollerante verso l’uso delle droghe, hanno dovuto subire una forte pressione diplomatica internazionale tesa a proteggere la integrità delle Convenzioni. E questo anche quando le nuove scelte politiche erano legali, positive nei risultati e appoggiate nel paese. Un esempio di questo fenomeno (che si può definire come “imperialismo nel controllo delle droghe”) si può osservare con la proposta del governo boliviano di ritirare la pratica della masticazione delle foglie di coca dalla sezione della Convenzione del 1961, che proibisce tutti gli usi non medici della coca. Nonostante il fatto che successivi studi abbiamo dimostrato che la pratica indigena della masticazione di foglie di coca non comporta nessuno dei danni provocati dalla cocaina e che una chiara maggioranza della popolazione boliviana (e dei paesi andini vicini) appoggia questo cambiamento, molti dei paesi consumatori di cocaina (guidati dagli Stati Uniti) si sono formalmente opposti all’emendamento sulla masticazione.
L’idea che il sistema internazionale di controllo delle droghe è immutabile e che qualsiasi cambiamento per quanto ragionevole è una minaccia alla integrità di tutto il sistema è un’idea di corto respiro. Al contrario tutti gli accordi multilaterali, tutte le convenzioni sulle droghe richiedono una costante revisione alla luce della esperienza. In particolare bisogna permettere ai governi nazionali di sperimentare risposte più adeguate alle circostanze. Questa analisi e lo scambio di esperienze è un elemento cruciale per capire la diversa efficacia dei diversi approcci.
Per questo l’idea che tutti debbono avere esattamente le stesse leggi, restrizioni e programmi è stata ed è una imposizione inutile e dannosa.

4) Le politiche sulle droghe devono svolgersi in modo integrale, coinvolgendo le famiglie, le scuole, gli specialisti di salute pubblica e i leader della società civile, in collaborazione con le strutture dell’ordine pubblico e altri organismi governativi importanti.

Con la forte attenzione posta sulla punizione non è sorprendente che le principali istituzioni impegnate nel controllo delle droghe siano state la polizia, le autorità di controllo delle frontiere e i Ministeri della Giustizia, della Sicurezza o dell’Interno.
Sul piano multilaterale anche le strutture regionali o delle Nazioni Unite sono state dominate da questi settori.
E ciò nonostante che i governi stiano rendendosi conto sempre più che le strategie di applicazione punitiva della legge per il controllo delle droghe hanno bisogno di essere integrate in un contesto più ampio, con programmi sociali e di salute pubblica.
Questa perversa dinamica istituzionale ostacola un piano obiettivo basato sull’evidenza. E questo è assai più di un problema teorico. Numerosi studi hanno dimostrato che i governi ottengono benefici finanziari e sociali assai maggiori per le loro comunità investendo risorse in programmi sociali e di salute invece che in attività di riduzione dell’offerta e applicazione della legge.
Eppure, nella maggior parte dei paesi, la stragrande maggioranza delle risorse disponibili viene spesa nello sforzo di far rispettare le leggi proibizioniste sulle droghe e punire i consumatori.
La mancanza di coerenza è anche più clamorosa nelle Nazioni Unite.
Lo sviluppo del regime globale di controllo delle droghe ha comportato la creazione di tre corpi per supervisionare l’applicazione delle convenzioni:
- l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga e il Delitto (ONUDD)
- la Giunta Internazionale di Controllo degli Stupefacenti (GICS)
- la Commissione degli Stupefacenti (CS)
Questa struttura si fonda sull’idea che il controllo internazionale delle droghe è prima di tutto una lotta contro il crimine e i delinquenti.
Ora che è chiaro che la natura della politica contro le droghe deve cambiare, le istituzioni dovrebbero accompagnare questo cambiamento. La politica globale sulle droghe dovrebbe essere gestita con una strategia comune di tutte le agenzie multinazionali interessate, dunque dalla ONUDD, ma anche da ONUSIDA, OMS, PNUD, UNICEF, ONU donne, la Banca Mondiale, l’Ufficio dell’Alto Commissariato per i Diritti Umani.
L’emarginazione della Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) è specialmente preoccupante visto che la OMS ha un mandato specifico nei trattati sul controllo delle droghe.

RACCOMANDAZIONI

1) Rompere il tabù. Cercare un dibattito aperto e promuovere politiche che riducano effettivamente il consumo e prevengano e riducano i danni connessi all’uso delle droghe e alle politiche di controllo delle stesse. Aumentare gli investimenti nella ricerca e analisi di diverse politiche e programmi.

I leader politici e le figure pubbliche dovrebbero avere il coraggio di dire pubblicamente quello che molti di loro riconoscono in privato, ovvero che l’evidenza dimostra in maniera clamorosa che le strategie repressive non risolvono il problema delle droghe e che la guerra alle droghe non è stata e non può essere vinta.
I governi hanno il potere per portare avanti una combinazione di politiche appropriate alle condizioni dei loro paesi e trattare i problemi causati dai mercati delle droghe e dall’uso di droghe per un impatto più positivo sul livello dei relativi crimini così come sui danni sociali e per la salute.

2) Sostituire la criminalizzazione e la punizione per le persone che consumano droghe con l’offerta di salute e di trattamenti per coloro che ne hanno bisogno.

Un’idea chiave della guerra alle droghe è stata quella che la minaccia di arresto e una punizione severa avrebbero dissuaso dall’usarle. Nella pratica questa ipotesi è stata clamorosamente smentita.
Molti paesi che hanno promulgato leggi severissime e aumentato gli arresti e il carcere generalizzato per i consumatori e per i piccoli spacciatori hanno livelli altissimi di consumo di droga rispetto ai paesi che hanno affrontato la questione con maggiore tolleranza.
Allo stesso modo i paesi che hanno introdotto la depenalizzazione o altre forme di riduzione degli arresti e delle punizioni non hanno visto aumenti di uso e dipendenze da droghe come si poteva temere.

3) Sollecitiamo i governi a introdurre subito politiche di regolamentazione legale delle droghe (specialmente per quanto riguarda la cannabis) che hanno anche l’importante conseguenza di indebolire il potere del crimine organizzato e salvaguardare la salute e la sicurezza dei loro cittadini.

Il dibattito sui modelli di regolazione del mercato delle droghe è stato troppo influenzato da false dicotomie (duro o leggero, repressivo o liberale).
Di fatto tutti cerchiamo di raggiungere lo stesso obiettivo, una serie di politiche e programmi che riducano i danni e salvaguardino la salute e la sicurezza individuale e nazionale. È inutile ignorare coloro che chiedono un mercato controllato e regolato per le droghe attualmente illecite. È al contrario una opinione che deve essere analizzata con lo stesso rigore e attenzione di qualsiasi altra. Se i governi nazionali o le amministrazioni locali credono che le proprie politiche di depenalizzazione accompagnate anche da un mercato regolamentato possano sottrarre denaro ai gruppi criminali e insieme migliorare la salute e le condizioni sociali delle loro comunità, la comunità internazionale non deve opporsi pregiudizialmente come accade ora.
Allo stesso modo le Nazioni Unite devono assolutamente rivedere le schede di pericolosità sui diversi tipi di droghe.
Queste schede e tabelle risalgono a 50 anni fa e presentano alcune evidenti distorsioni (in particolare per quanto riguarda la cannabis e le foglie di coca) che devono essere corrette e riviste radicalmente (vedi tabella B).

4) Stabilire migliori parametri, indicatori e obiettivi per definire il progresso delle politiche antidroga.

L’attuale sistema per valutare i risultati nel campo delle politiche sulle droghe è sbagliato alla radice. L’efficacia della maggioranza delle strategie sulle droghe si valuta comunemente sulla quantità di coltivazioni sradicate, arresti effettuati, incriminazioni e anche pene inflitte a consumatori, coltivatori e trafficanti.
Di fatto arrestare e punire i consumatori di droghe non ha alcuna influenza sul livello di circolazione delle sostanze, così come togliere dalla circolazione il piccolo e medio spacciatore crea solo un’opportunità di mercato per altri.
Perfino le maggiori e più positive operazioni contro i criminali organizzati (che comportano anni di pianificazione) hanno dimostrato di avere al massimo un impatto marginale ed effimero sui prezzi e la diponibilità delle droghe. Allo stesso modo lo sradicamento di coltivazioni di oppio, cannabis o coca semplicemente produce lo spostamento delle coltivazioni in altre aree.
Servono dunque altri indicatori per verificare davvero i risultati delle politiche contro le droghe, che tengano conto dei danni o dei benefici per gli individui e le comunità.
Per esempio va considerato il numero di vittime di violenze e intimidazioni causate dal mercato delle droghe, il livello di corruzione generato da quel mercato, il livello di delitti minori commessi da tossicodipendenti, i livelli di sviluppo sociale ed economico delle comunità dove si concentra la produzione, la vendita o il consumo di droghe, il livello di diffusione delle tossicodipendenze, il livello di morti per overdose, il livello di infezioni da HIV o Epatite C tra i consumatori.
Chi decide dovrebbe tener conto di questi indicatori nelle sue scelte.
L’investimento di risorse pubbliche dovrebbe essere concentrato in attività che dimostrino di avere un impatto positivo in questi campi.
Nella maggioranza dei paesi questo significherebbe infatti un aumento di investimenti in programmi di salute e sociali e in una maggiore chiarezza nel contrastare la violenza e la corruzione associate al mercato delle droghe.
In un’epoca di crisi non possiamo permetterci spese milionarie che hanno un valore esclusivamente simbolico.

5) Contestare, invece di rafforzare, le convinzioni comuni sbagliate sui mercati della droga e la dipendenza dalle droghe.

Oggi molti politici sostengono l’idea che tutti i consumatori che usano droghe sono totalmente privi di morale e che tutti coloro che hanno a che fare con il traffico di droghe siano incalliti criminali.
La realtà è molto più complessa.
Le Nazioni Unite stimano per difetto che ci siano 250 milioni di consumatori di droghe nel mondo, e che molti milioni siano impegnati nella coltivazione, nella produzione e nella distribuzione. Non possiamo considerarli tutti delinquenti.
La rinuncia dei politici a riconoscere questa complessità, di cui pure sono informati, si fonda, dicono, su quello che pensa l’opinione pubblica su questi temi.
Molti cittadini hanno davvero paura dell’impatto negativo dei mercati di droga illegali o del comportamento dei tossicodipendenti o di coloro che sono sotto l’influenza di droghe illegali.
Queste paure si fondano su alcuni pregiudizi generalizzati riguardanti i consumatori di droghe e i mercati di droghe, verso i quali i governi e gli esperti della società civile dovrebbero impegnarsi al fine di aumentare la consapevolezza di come stanno effettivamente le cose, visto che ci sono fatti provati, ma ignorati dalla maggioranza dell’opinione pubblica.
Per esempio:
- Dei 250 milioni di consumatori di droghe nel mondo, le Nazioni Unite stimano che meno del 10 per cento siano da considerare tossicodipendenti o consumatori di droghe pericolose.
- La maggior parte delle persone coinvolte nella coltivazione di cannabis, oppio o coca sono piccoli agricoltori che lottano per guadagnare il necessario per sé e le famiglie. Le alternative per loro rischiano di costare troppo, rendere poco e anche distruggere i loro mezzi di sostentamento essenziali.
- I fattori che influenzano il consumo individuale delle droghe hanno molto più a che vedere con la moda, l’influenza dei coetanei e il contesto economico e sociale, che con la condizione di legalità o illegalità della droga stessa, il rischio o le campagne di dissuasione.
- I fattori che spingono all’uso di droghe pericolose o alla tossicodipendenza vera e propria sono da mettere in relazione quasi sempre con traumi infantili, condizioni sociali dure, marginalità sociale e difficoltà emozionali, piuttosto che con la debolezza morale o edonismo.
- È quasi impossibile far uscire qualcuno dalla dipendenza con la paura e le punizioni, mentre un trattamento adeguato basato sulla collaborazione può riuscire a far mutare la condotta dei tossicodipendenti e riportarli ad essere membri attivi della comunità.
- La gran parte di coloro che sono protagonisti del traffico sono spacciatori minori e non gangster da film. La immensa maggioranza degli arrestati per traffico di droga sono pesci piccoli, talvolta essi stessi tossicodipendenti, che vengono immediatamente e facilmente sostituiti senza che la diffusione si arresti.

Per tutte queste ragioni un discorso politico più maturo ed equilibrato può aiutare a far crescere la coscienza pubblica della realtà di questi problemi.
In particolare far parlare agricoltori, famiglie ed altre comunità colpite dall’uso e dalla dipendenza dalle droghe può aiutare a contrastare miti e malintesi diffusi.

6) I paesi che (nonostante l’evidenza) continuano a investire la gran parte delle risorse nella repressione dovrebbero almeno concentrare le proprie azioni contro il crimine organizzato e i trafficanti violenti, per ridurre il danno sociale del mercato illegale.

Le risorse delle istituzioni che si occupano di far rispettare la legge dovrebbero concentrarsi nella lotta ai gruppi criminali organizzati che hanno esteso enormemente il loro potere beneficiando proprio del mercato illegale.
In molti paesi del mondo la violenza, l’intimidazione e la corruzione originati da questi gruppi è una minaccia significativa alla sicurezza individuale e nazionale e alle istituzioni democratiche, per cui è essenziale soprattutto combattere queste organizzazioni.
In ogni caso è necessario rivedere la nostra tattica in questa lotta.
Secondo uno studio di Mac Coun e Reuter gli sforzi per contenere l’offerta ed evitare la creazione di nuovi mercati sono più efficaci dove esistono pochi gruppi a controllare il traffico (come nell’Africa Occidentale), mentre l’impresa è praticamente impossibile dove c’è concorrenza tra diversi gruppi criminali impegnati a estendere il mercato.
Bisogna altresì riconoscere che è la natura illegale del mercato che produce molta parte della violenza ad esso connessa. I mercati di prodotti legali e regolati, per quanto non manchino di problemi, non danno affatto le stesse opportunità al crimine organizzato, che invece con il mercato illegale della droga incassa utili enormi e può mettere in pericolo la legittimità di governi sovrani, fino, in certi casi, a finanziare le ribellioni e il terrorismo.
Questo non significa che la creazione di un mercato legale sia l’unica maniera attuabile di sottrarre potere e possibilità alle organizzazioni del traffico di droga.
Ma le strategie di applicazione della legge possono cercare di governare e influenzare il mercato illegale, creando ad esempio le condizioni per cui sia possibile la somministrazione delle droghe su piccola scala nel contesto di “reti di amicizia privata”, attaccando contemporaneamente le operazioni su grande scala che implicano violenza e inconvenienti per il pubblico. Allo stesso modo la domanda di consumo dei tossicodipendenti da eroina si può facilmente soddisfare mediante una somministrazione medica controllata che automaticamente riduca la domanda sul mercato nero.
Queste strategie sono molto più efficaci per ridurre la violenza e i danni finora provocati dal mercato degli inutili tentativi fatti di sradicarlo completamente.
D’altra parte le pratiche applicazioni di una legge sbagliata possono in realtà comunque aumentare il livello di violenza, intimidazione e corruzione associato al mercato delle droghe.
Le istituzioni dell’ordine pubblico e le organizzazioni che controllano il traffico possono finire per cadere in una sorta di escalation armata, nella quale i maggiori sforzi degli agenti dell’ordine provocano un eguale aumento della forza e della violenza dei trafficanti. In questo scenario si determinano le condizioni per una crescita delle organizzazioni più violente e spietate. Sfortunatamente è quello che sta accadendo in Messico e in molte altre parti del mondo.

7) Promuovere pene alternative per i piccoli spacciatori e i venditori di sostanze base.

Mentre i vari progetti di depenalizzazione si sono rivolti finora soprattutto ai consumatori o a coloro che stanno lottando contro la tossicodipendenza, noi proponiamo che si abbia lo stesso approccio per quelli che sono i gradini più bassi della catena di distribuzione.
La maggior parte dei piccoli spacciatori arrestati per traffico di droga non sono gangster o membri delle grandi organizzazioni criminali, sono invece giovani sfruttati per fare il lavoro rischioso della vendita di strada, spesso consumatori o tossicodipendenti che cercano di guadagnare denaro per il proprio consumo, oppure sono corrieri obbligati a trasportare droga attraverso le frontiere. In generale queste persone sono di fatto processate con le stesse imputazioni dei delinquenti violenti e organizzati che controllano il mercato, ricevendo le stesse pene severe indiscriminatamente. In tutto il mondo la immensa maggioranza degli arresti sono di questi pesci piccoli non violenti e di basso rango nel mercato della droga, perché sono i più visibili e facili da prendere e non hanno i mezzi per pagare gli avvocati che li tirino fuori dalle carceri. Il risultato è che tutti i governi riempiono le prigioni con delinquenti minori che scontano lunghe condanne, con un enorme costo in denaro e nessun effetto reale sull’estensione del mercato della droga. In alcuni paesi questi piccoli spacciatori sono addirittura condannati a morte, con una chiara violazione dei diritti umani.
Per dimostrare il proprio impegno nella lotta alle droghe molti paesi aumentano le pene relative al traffico in modo del tutto sproporzionato al crimine commesso e che per giunta non hanno alcun effetto dissuasivo significativo.
La sfida oggi è considerare le opzioni alternative al carcere per i pesci piccoli o almeno cambiare le leggi per stabilire una distinzione più netta tra i diversi tipi di soggetti implicati nel mercato della droga.

8) Investire ancora più risorse nella prevenzione basata sull’informazione, con un’attenzione speciale alla gioventù.

Evidentemente gli investimenti più importanti dovrebbero essere diretti alle attività che allontanino i giovani dall’uso delle droghe e che impediscano che i consumatori abituali si trasformino in consumatori di sostanze pericolose o in tossicodipendenti. La prevenzione dal principio o la riduzione progressiva è chiaramente preferibile per rispondere ai problemi una volta che questi si presentino. Sfortunatamente l’idea di ridurre il tasso di diffusione delle droghe attraverso campagne di prevenzione di massa non funziona. Anche quando la informazione sui rischi dell’uso di droga è valida, la prevenzione attuata tramite propaganda (come ad esempio le massicce campagne pubblicitarie o i programmi scolastici di prevenzione) ha dato risultati molto deludenti. I messaggi semplicistici, che dicono solo no, non hanno un impatto significativo.
Nonostante ciò, ci sono stati alcuni programmi di prevenzione ben pianificati, centrati sulla influenza dei coetanei, che hanno avuto un impatto positivo sulle fasce di età in cui si cominciano a usare droghe e sulla consapevolezza dei danni relativi. L’energia, la creatività di gruppi comunitari sono di particolare importanza nella pratica di questi programmi, mentre sono assai meno efficaci i messaggi di propaganda antidroga che vengono dalle istituzioni statali. I modelli di prevenzione positiva hanno in generale puntato a gruppi a rischio, membri di bande, bambini sotto custodia governativa con problemi di scuola o di polizia.
Sono programmi misti di educazione e appoggio sociale che cercano di evitare che almeno una quota dei soggetti a rischio si trasformino in consumatori abituali.
Impostati in modo sistematico questi programmi possono potenzialmente ridurre almeno in parte il numero globale di quei giovani che diventano tossicodipendenti o che sono coinvolti per necessità o ignoranza nella vendita su piccola scala.

9) Offrire una gamma di opportunità ampia e di facile accesso per il trattamento e l’assistenza alla tossicodipendenza, inclusi i trattamenti di sostituzione o di prescrizione controllata di eroina, con speciale attenzione ai soggetti a maggior rischio, includendo coloro che stanno in prigione o in altri contesti di reclusione.

In tutte le società e culture un certo numero di individui svilupperà modelli di comportamento problematici o dipendenti dall’uso di droga, indipendentemente dalle sostanze preferite in quella società o dal loro status legale.
La dipendenza dalle droghe può essere una tragica perdita di potenzialità per un individuo coinvolto, ma è anche estremamente pregiudizievole per la sua famiglia, la sua comunità e, nell’insieme, la società intera. Prevenire e trattare correttamente la dipendenza dalle droghe è dunque una responsabilità civile dei governi e un investimento valido.
Un’assistenza effettiva può produrre significativi miglioramenti in termini di riduzione dei crimini, salute e coesione sociale. Molti modelli di trattamento positivo, che usano una combinazione di terapie sostitutive e metodi psicosociali, sono stati sperimentati con buone ricadute socioeconomiche e culturali.
Ciononostante nella maggioranza dei paesi la disponibilità di questi trattamenti si limita a modelli unici, capaci di soddisfare solo una piccola frazione della domanda, mentre manca proprio per gli individui più gravemente dipendenti.
I governi dovrebbero pertanto allestire una molteplicità di strategie integrali per un trattamento basato sulla comprensione del problema.
Allo stesso tempo bisognerebbe abolire le pratiche di abuso portate avanti in nome del trattamento dei drogati, come la detenzione forzata, il lavoro forzato, la violenza fisica e psicologica, trattamenti che contravvengono i diritti umani, sottomettendo le persone a una condizione crudele, disumana e degradante, che cancella il diritto all’autodeterminazione.
I governi dovrebbero garantire che i centri di trattamento si basino sulla reale comprensione della complessità dei problemi e rispettino gli standard internazionali dei diritti umani.

10) Il sistema delle Nazioni Unite deve porsi alla testa della riforma delle politiche globali sulle droghe. Questo significa promuovere un approccio basato sulla realtà e appoggiare i paesi che sviluppano politiche adeguate al contesto e che rispondano a vere necessità. Infine bisogna assicurare una linea coerente tra le diverse istituzioni dell’ONU.

Mentre i governi nazionali possono spingersi con una certa discrezionalità oltre le politiche semplicemente repressive, il sistema generale di controllo delle droghe da parte dell’ONU continua ad essere per lo più una camicia di forza limitando le necessarie correzioni e modernizzazioni di linea politica.
Durante quasi tutto l’ultimo secolo è stato il governo degli Stati Uniti a capeggiare questa linea repressiva contro le droghe.
Per questo ci rallegriamo che l’ultima amministrazione americana, con il presidente Obama, abbia cominciato a mettere in discussione questo impianto repressivo, dichiarando l’inutilità della guerra alle droghe e la validità di un dibattito su misure alternative. E’ tuttavia necessario che gli Stati Uniti diano un seguito concreto a queste prime aperture con riforme reali, riducendo il ricorso al carcere e cancellando le pene per i consumatori di droga, oltre ad usare la loro influenza diplomatica per sollecitare riforme anche negli altri paesi.
Finora l’ONU ha agito per lo più a difesa dell’impostazione tradizionalmente repressiva. Ma di fronte all’evidente disfatta di questa scelta sono urgenti le riforme. C’è stato qualche timido riconoscimento della ONUDD, ma ci sono forti resistenze istituzionali a queste nuove idee.
I paesi aspettano dall’ONU un appoggio e una guida. L’ONU ha l’obbligo di guidare i governi verso un cambiamento radicale di strategie per uscire dall’attuale impasse politica.
Facciamo appello al Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon e al Direttore Esecutivo della ONUDD Yury Fedotov perché avviino passi concreti verso una nuova strategia sulle droghe veramente coordinata e coerente, che bilanci la necessità di contenere l’offerta di droga e lottare contro il crimine organizzato, con la necessità di fornire servizi sanitari, assistenza sociale e sviluppo economico agli individui e alle comunità colpite.
Ci sono molte vie per avanzare in questa direzione. Per cominciare l’ONU potrebbe formare una commissione ad ampia partecipazione che sviluppi un approccio nuovo, non semplicemente repressivo al problema. Le istituzioni dell’ONU devono costruire un coordinamento delle diverse politiche e la ONUDD coordinarsi con le altre istituzioni come la OMS, la ONUSIDA, la PNUD e l’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani.

11) Agire con urgenza, poiché la guerra alla droga ha fallito i suoi obiettivi e bisogna cambiare strategia adesso.

Ci sono segnali di apatia nel dibattito sulle politiche delle droghe in molte parti del mondo. Molti leader capiscono che le attuali politiche hanno fallito, ma non sanno come cambiarle o non hanno il coraggio di farlo.
Esiste la tentazione di evitare la questione e lasciare che le cose vadano come vanno. Questa è una rinuncia alle proprie responsabilità politiche, poiché continuando così ogni anno miliardi di dollari vengono perduti in programmi inefficaci e milioni di individui sono mandati in carcere senza alcuna necessità, oltre ai milioni che già soffrono per la tossicodipendenza dei loro cari che non possono accedere a servizi di assistenza adeguati e centinaia di migliaia di persone muoiono di overdose evitabilissime e di malattie contratte per l’uso clandestino di droghe.
Ci sono come abbiamo visto altri modi di affrontare la questione e bisogna assolutamente metterli in pratica.
Modificare e adeguare la politica verso le droghe non è una questione che riguardi il dibattito intellettuale e basta, ma una delle sfide politiche decisive del nostro tempo.

Quello che da anni si dovrebbe fare e non si fa
LEGALIZZARE LE DROGHE
di Vincenzo Sparagna
(estate 2011)

Viviamo in un mondo assai strano. Un mondo capovolto. Ci sono cose urgentissime da fare che non si fanno. E ci sono altre cose, dannosissime e palesemente assurde, che invece si continuano a fare. Nel numero 236 di FRIGIDAIRE (estate 2011), abbiamo deciso di mettere in evidenza la questione della legalizzazione delle droghe. Una misura fondamentale che Frigidaire, così come Marco Pannella e gli amici radicali, nonché la sinistra più illuminata, propone da molti anni, ma che adesso è anche la coraggiosa e innovativa conclusione di un documento ufficiale dell’ONU (datato giugno 2011), tradotto integralmente da noi nel nostro inserto/dossier, per dimostrare che non si tratta di una posizione estremista, ma della logica conclusione di un’analisi seria e profonda di come condurre e vincere la lotta alla droga senza violare né i diritti individuali, né il buonsenso.
Il documento che pubblichiamo è stato elaborato dalla Commissione Mondiale dell’ONU per il Controllo delle Droghe, di cui fanno parte grandissime personalità della cultura, della scienza e della politica internazionale. È un documento controcorrente perché, come denuncia la Commissione dell’ONU, sulla lotta alla droga la quasi totalità delle forze politiche internazionali si sono accodate a una specie di imperialismo legislativo degli Usa, ovvero a un proibizionismo del tutto cieco. Questa scelta di apparente guerra totale ha lasciato il monopolio del mercato delle droghe, alcune molto pericolose come l’eroina, altre, come la cannabis, meno dannose dell’alcol o del tabacco, alle mafie internazionali, che ne hanno fatto la fonte principale dei loro guadagni. Il paradosso della situazione attuale (che tanto piace agli ottusi Giovanardi di ogni paese...) è che le organizzazioni criminali si arricchiscono proprio grazie alle politiche repressive (che colpiscono di fatto solo i consumatori e i piccoli spacciatori), mentre le droghe si diffondono sempre più. D’altra parte tra i due aspetti c’è una stretta relazione. Più le mafie guadagnano centinaia di miliardi illegali, più esse sono in grado di corrompere le forze politiche e gli apparati repressivi, bloccare ogni legalizzazione che le rovinerebbe e spingere al massimo la crescita del consumo clandestino.
I proibizionisti assoluti che sono al governo (non solo da noi) nascondono nella loro vuota retorica contro le droghe (a volte frutto della semplice ignoranza, altre di una inconfessabile complicità con le organizzazioni criminali) che le centinaia di miliardi intascati ogni anno dalle mafie (solo in Italia il fatturato annuo del traffico supera i cento miliardi di euro) invadono e controllano una buona parte dell’economia legale. Banche, imprese, commerci nulla sfugge al circuito del denaro “sporco”. Come scrisse su Frigidaire n.35-36 nel 1983 Giovanni Falcone (vedi “La Mafia in Europa”), ed oggi ribadiscono i magistrati calabresi impegnati contro la N’Drangheta, questo fiume di soldi ha inquinato da tempo l’economia mondiale. Il monopolio illegale garantito dalle politiche proibizioniste su un mercato di oltre 250 milioni di consumatori (dati ONU) produce infatti un giro di denaro così enorme da condizionare governi e parlamenti, istituzioni e singoli politici. Ed è in questo potere di corruzione e controllo che affonda le sue radici anche il proibizionismo ostinato e cieco dei governi italiani (di destra o di pseudosinistra) degli ultimi decenni.
Come accade con gli scandalosi privilegi del ceto politico, anche l’argomento “legalizzazione delle droghe” è per questi mangiacaviale a sbafo un tabù. La scusa ufficiale di molti è che l’opinione pubblica non capirebbe. Ma la ragione vera è che i soldi delle mafie non li rifiuta nessuno.
E così si preferisce alimentare l’ignoranza della gente piuttosto che informarla correttamente e cambiare le cose. Il nostro giornale ha scelto da sempre, allegramente, un’altra strada. Quella della verità, anche se è scomoda, della lucidità e del rigore.
Spessissimo per restare fedele a questo principio, in quanto direttore responsabile di Frigidaire, sono stato denunciato e processato, una volta perfino condannato per il ridicolo reato di “incitamento alla coltivazione di marijuana”, ma sono, siamo ancora qui, alla faccia del regime e dei suoi tristi e strapagati giullari televisivi.
Chi ci crede ci segua.

I COMMISSARI

Fernando Henrique Cardoso
ex Presidente del Brasile,
Presidente della Commissione
George P.Shultz
ex Segretario di Stato USA,
Presidente Onorario della Commissione Asma Jahangir,
attivista per i diritti umani,
ex Relatore Speciale delle Nazioni Unite per le Esecuzioni Arbitrarie, Extragiudiziarie e Sommarie, Pakistan
Carlos Fuentes
scrittore, Mexico
César Gaviria
ex Presidente della Colombia
Ernesto Zedillo
ex Presidente del Mexico
George Papandreou
Primo Ministro, Grecia
Javier Solana
ex Rappresentante dell’UE per la Politica Estera e la Sicurezza, Spagna
John Whitehead,
banchiere e funzionario,
Presidente della Fondazione alla Memoria del World Trade Center, USA
Kofi Annan
ex Segretario Generale
delle Nazioni Unite, Ghana
Louise Arbour
ex Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Presidente del Gruppo Internazionale di Crisi, Canada
Maria Cattaui
Consiglio della Petroplus Holdings,
ex Segretario della Camera di Commercio Internazionale, Svizzera
Mario Vargas Llosa
scrittore, Perù
Marion Caspers-Merk

ex Segretario del Ministero
della Salute della RFT
Michel Kazatchkine
Direttore Esecutivo del Fondo Globale alla lotta all’AIDS, malaria e tubercolosi, Francia
Paul Volcker
ex Presidente della Federal Reserve, USA
Richard Branson
difensore di cause sociali,
fondatore della società Virgin, cofondatore della società The Elders, Regno Unito
Ruth Dreifuss
ex Presidente della Svizzera
e Ministro agli Affari Interni
Thorvald Stoltenberg
ex Ministro agli Affari Esteri e Alto Commissario delle Nazioni Unite
per i Rifugiati, Norvegia

(tabella A)

NAZIONI UNITE
STIME DEL CONSUMO ANNUALE
DI DROGHE dal 1998 al 2008

Oppiacei
Nel 1998 12,9 milioni
Nel 2008 17,35 milioni
Aumento 34,5%

Cocaina
Nel 1998 13,4 milioni
Nel 2008 17 milioni
Aumento 27%

Cannabis
Nel 1998 147, 4 milioni
Nel 2008 160 milioni
Aumento 8,5%

Global Commission

La depenalizzazione non produce
aumenti nel consumo di droghe.
Ecco alcuni esempi importanti

PORTOGALLO
Nel luglio del 2001 il Portogallo è stato il primo paese europeo a depenalizzazre l’uso e il possesso di tutti i tipi di droghe illegali. Molti osservatori criticarono questa politica, convinti che avrebbe comportato un aumento del consumo e dei problemi connessi. La dottoressa Caitlin Hughes della Università del New South Wales insieme con il professor Alex Stevens dell’Università di Kent ha condotto una dettagliata indagine sugli effetti della depenalizzazione in Portogallo.
Il risultato ha dimostrato che non c’è stato l’aumento temuto. Inoltre hanno registrato una diminuzione significativa dell’uso di eroina che nel 2001 era la principale preoccupazione del governo portoghese. La loro conclusione è che la eliminazione della punizione penale, combinata con risposte terapeutiche alternative per le persone tossicodipendenti da droghe ha alleggerito il sistema penale in modo significativo e ridotto il livello globale di consumo.
AMSTERDAM E SAN FRANCISCO

Uno studio ha messo a confronto le regolamentazioni assai diverse di Amsterdam, la cui politica liberale dei “cannabis cafè” (una forma di depenalizzazione di fatto) risale agli anni ’70 e di San Francisco negli Stati Uniti, che punisce i consumatori di cannabis. I ricercatori volevano capire se la politica più repressiva della città di San Francisco aveva dissuaso i cittadini dal fumare cannabis o restava lo stesso livello di consumo precedente. Scoprirono che il consumo non diminuiva. “La nostra ricerca conferma che la criminalizzazione non riduce il consumo di cannabis e che la depenalizzazione non lo aumenta.
Anzi, a parte l’aumento considerevole delle droghe pesanti a San Francisco, non ci sono differenze nel consumo tra le due città. È una dimostrazione della inefficacia della criminalizzazione del consumo”.
AUSTRALIA

Lo Stato dell’Australia occidentale ha introdotto un piano di depenalizzazione della cannabis nel 2004 e i ricercatori hanno potuto confrontare i risultati di questo piano con le tendenze nel resto del paese. Lo studio è stato complicato dal fatto che c’è stata una riduzione generale del consumo di cannabis in tutta l’Australia. Tuttavia la tendenza discendente in Australia occidentale è stata la stessa che nel resto del paese.
La conclusione degli autori della ricerca è che la depenalizzazione non ha impedito, ma ha favorito la diminuzione del consumo.
PARAGONE TRA ALCUNI STATI USA

Per quanto il possesso di cannabis sia un delitto per le leggi federali degli Stati Uniti, i singoli Stati hanno politiche diverse verso il possesso di droga. Nella relazione della Commissione Cannabis del 2008 convocata dalla Fondazione Beckley, gli autori mettono a confronto la situazione di quegli Stati che hanno depenalizzato il consumo con quella degli Stati che invece lo puniscono. Le conclusioni sono queste: "Nell’insieme questi quattro studi dimostrano che gli Stati che hanno introdotto riforme depenalizzanti non hanno registrato alcun aumento nell’uso di cannabis tra gli adulti o tra gli adolescenti, e non vi è alcun aumento dell’uso della cannabis rispetto agli Stati dove il consumo è considerato un reato penale." Alla luce di queste esperienze è del tutto evidente che la politica di severa criminalizzazione e castigo dell’uso di droghe è stato un costoso errore e che i governi dovrebbero prendere decisioni e moltiplicare gli sforzi e le risorse per aiutare i consumatori su un piano sociale e sanitario. La risposta al possesso e all’uso di droghe dovrebbe essere l’offerta di trattamenti e servizi sanitari appropriati agli individui che ne hanno bisogno, invece di punizioni penali costose e controproducenti.

Global Commission

AFRICA OCCIDENTALE
LE RISPOSTE ALLA SFIDA
DEL NARCOTRAFFICO
E DEL CRIMINE ORGANIZZATO

In pochi anni l’Africa Occidentale è diventato un centro molto importante di transito e ridistribuzione della cocaina verso il mercato europeo, in conseguenza di un cambiamento di strategia dei cartelli latinoamericani della droga. Approfittando della debolezza dei governi, della povertà endemica, della instabilità e degli scarsi mezzi delle istituzioni poliziesche e giudiziarie, e grazie all’enorme valore del commercio di droghe, le reti criminali hanno infiltrato governi, istituzioni statali e forze armate. La corruzione e il riciclaggio di denaro corrompono i politici locali e creano una profonda distorsione nella vita economica. Sta venendo fuori uno scenario pericoloso. Il narcotraffico minaccia di diventare sfida politica e problema di sicurezza assai più ampio.
Le pressioni internazionali per ottenere una reazione locale non hanno avuto alcun esito. Le organizzazioni criminali stanno estendendo la loro influenza mediante nuove alleanze, in particolare con gruppi armati. È urgente moltiplicare la reazione e coordinarla sotto la leadership dell’Africa Occidentale con un appoggio finanziario e tecnico internazionale.
La risposta dovrebbe essere un rafforzamento delle istituzioni incaricate di far rispettare la legge, ma soprattutto politiche di sviluppo sociale e prevenzione dei conflitti che dovrebbero coinvolgere tanto i governi quanto la società civile.

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APPLICAZIONE DELLA LEGGE
E CRESCITA DELLA VIOLENZA

Un gruppo di accademici e studiosi con base nella Columbia Britannica ha condotto una ricerca sulla relazione tra applicazione della legge e aumento della violenza. In molti luoghi degli Stati Uniti, così come a Sidney in Australia, i ricercatori hanno scoperto che l’aumento degli arresti e l’azione energica delle forze dell’ordine contro i mercati delle droghe si accompagnavano in modo evidente a un aumento degli omicidi e ad altri crimini violenti. Il 91 per cento di tutti gli studi che esaminavano l’effetto dell’applicazione della legge sul mercato della droga ha concluso che l’incremento nell’applicazione della legge ha aumentato la violenza nel mercato della droga. I ricercatori ne hanno tratto la conclusione che “La evidenza scientifica dimostra che è poco probabile che incrementando l’applicazione della legge si riduca la violenza delle bande di narcotrafficanti. Al contrario la violenza e gli alti tassi di omicidi sono una conseguenza naturale della proibizione delle droghe. I metodi ogni volta più sofisticati e meglio dotati di risorse per sbaragliare le reti di distribuzione delle droghe possono aumentare la violenza”.
Anche nel Regno Unito i ricercatori esaminarono gli effetti dell’azione della polizia sul mercato delle droghe, osservando che: “Gli sforzi per applicare la legge possono avere un considerevole impatto negativo sulla natura e l’estensione dei danni associati con le droghe aumentando (involontariamente) le minacce alla salute e alla sicurezza pubblica e alterare tanto il comportamento dei consumatori di droghe, quanto la stabilità e il funzionamento dei mercati delle droghe (per esempio facendo spostare i venditori in un altro luogo oppure aumentando la violenza quando i venditori spostati si scontrano con quelli già istallati sul posto)”.

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CONSEGUENZE NON VOLUTE

La guerra alle droghe ha generato estesi effetti collaterali negativi per la società nei paesi produttori, di transito e consumatori. Queste conseguenze negative sono state ben riassunte dal Direttore Esecutivo dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga e il Delitto, Antonio Maria Costa, che le ha raggruppate in cinque grandi categorie:
1) La crescita di un enorme mercato nero criminale, finanziato dall’aumento degli utili ottenuti nel soddisfare la domanda internazionale di droghe illegali.
2) Significative conseguenze politiche e amministrative, originate dallo sforzo di trovare risorse per tentate di contrastare legalmente questo mercato illegale.
3) Spostamenti geografici, meglio conosciuti come “effetto globo”, per cui la produzione di droghe cambia continuamente collocazione per evitare le forze dell’ordine.
4) Spostamento delle sostanze, ovvero il movimento dei consumatori verso nuove sostanze, spesso più pericolose, quando le droghe consumate in precedenza diventano difficili da ottenere per l’applicazione rigida della legge.
5) Il trattamento dei consumatori di droghe, stigmatizzati, marginalizzati ed esclusi, produce una forte crescita del disagio sociale.

Global Commission

(tabella B)

DISCREPANZE TRA I LIVELLI DI PERICOLOSITA’ UFFICIALI
E QUELLI STABILITI DAGLI ESPERTI INDIPENDENTI

In un rapporto pubblicato da The Lancet nel 2007 un gruppo di scienziati ha classificato i rischi delle sostanze psicoattive secondo le leggi attuali e secondo la realtà del loro impatto negativo sulle società. Il primo schema dei colori indica la classificazione del rischio secondo le attuali leggi internazionali sul controllo, mentre quello successivo indica le categorie di rischio effettivo. Come si vede vi è una differenza sostanziale che impone una urgente revisione delle attuali tabelle internazionali di pericolosità.

CLASSI DI PERICOLOSITÀ
SECONDO LE LEGGI ATTUALI

Frigidaire n.236, inserto-dossier: la relazione della Commissione dell'ONU per la legalizzazione delle droghe

CLASSIFICAZIONE DEL RISCHIO
DEGLI ESPERTI INDIPENDENTI

Frigidaire n.236, inserto-dossier: la relazione della Commissione dell'ONU per la legalizzazione delle droghe

Global Commission

LEGALIZZARE E CONTROLLARE
IL MERCATO DELL’OPPIO

Oltre il 90% dell’oppio mondiale viene coltivato in Afghanistan e quasi tutto il restante 10% nelle regioni orientali dell’Iran e della Turchia.
Questa produzione, a causa delle leggi proibizionistiche in vigore, è oggetto di un lucroso commercio delle organizzazioni criminali che hanno bisogno dell’oppio per la produzione dell’eroina. Le strategie di distruzione delle coltivazioni hanno provocato finora, oltre a qualche spostamento dei campi di oppio da una valle all’altra, la nascita di signori dell’oppio armati fino ai denti che lo vendono ai loro unici clienti, ovvero le organizzazioni criminali internazionali. Questi signori dell’oppio sono anche i famosi signori della guerra che sostengono la guerriglia afghana contro le truppe occidentali. Ma ci sono anche tribù pashtu ufficialmente legate al governo Karzai, in realtà implicate, in un intreccio oscuro tra funzionari corrotti e servizi statunitensi, nel medesimo commercio. Negli ultimi anni la guerra ha fatto inoltre lievitare il prezzo dell’oppio che è passato dai 64 dollari al chilo agli attuali 170, con ulteriori immensi guadagni per i signori dell’oppio, che hanno usato i soldi incassati per comprare nuove armi.
Questo pericoloso commercio di oppio e armi si potrebbe interrompere facilmente se i governi alleati, invece di spendere cifre spaventose per la guerra, decidessero di acquistare legalmente, con una spesa infinitamente inferiore, l’oppio dai coltivatori, cancellando così in un colpo solo la rete criminale che si arricchisce sul mercato illegale dell’eroina. L’oppio così acquistato potrebbe essere usato, oltre che marginalmente per la somministrazione controllata di eroina ai tossicodipendenti, soprattutto per la produzione di antidolorifici, morfina ecc., essendo la sostanza base di tutti i trattamenti di questo tipo.
Ne deriverebbe, oltre che la fine di un costosissimo stato di guerra endemico in quelle regioni dell’Asia, un sollievo fondamentale per molti milioni di malati in tutto il mondo.

 
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