Salto nel vuoto
di Vincenzo Sparagna - 21-12-2012
Uscire dalla crisi capitalistica senza aggredire la radice del problema, ovvero il sistema dell’accumulazione infinita di capitale, è una illusione cui sono aggrappati i partiti di destra, ma anche l’attuale centrosinistra, per quanto profumato di sinistra, come dicono Vendola e Bersani. Certo nel campo dei sedicenti “progressisti” si trovano ricette sociali meno inique, spinte civili più radicali, ma in ultima analisi nessuno vuol ammettere che la vera soluzione alla crisi è un’inversione totale di prospettive. Dalla crescita e dalla competizione bisognerebbe passare alla decrescita e alla cooperazione: una scelta difficilissima. Il capitalismo globale infatti, mentre consuma il pianeta e minaccia il genere umano, assicura nello stesso tempo la sopravvivenza immediata di tutti. A chi meglio a chi peggio, ma nessuno (nemmeno il più povero dei poveri) è fuori dalla macchina produttiva e distributiva che ci nutre e contemporaneamente ci soffoca. Il programma che nessuno osa proporre, ma che sarebbe indispensabile, si presenta perciò come un salto nel vuoto, una scelta temeraria. Quale governo potrebbe gestire i sacrifici imposti da un rifiuto unilaterale delle regole del mercato?
Eppure questa è la sfida, il resto è solo la (più o meno) triste attesa di un domani peggiore di oggi. Ci troviamo sull’orlo di una rupe, davanti all’oceano, come Papillon. Dobbiamo saltare per fuggire dalla nostra colonia penale. Chi avrà il coraggio, le idee, la forza per dare l’esempio e tuffarsi per primo verso le onde ruggenti?
Vignetta di Fabrizio Fabbri, pubblicata su FRIGIDAIRE n.228 (otobre 2010)
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