L'anno che finisce
di Vincenzo Sparagna - 31-12-2014
Siamo alla fine dell’anno 2014 e in tutti i siti, i giornali, le televisioni si elencano le date cruciali, gli avvenimenti clamorosi, i personaggi pubblici che hanno occupato le cronache di questi ultimi dodici mesi. Vi è in queste rassegne una sorta di affanno, il tentativo impossibile di far entrare la infinita complessità del mondo in un unico quadro. Ma più l’elenco è accurato, più avvertiamo una sorta di vuoto, un abisso incolmabile tra la nostra piccola vita, con i suoi difficili orizzonti quotidiani, e l’andamento generale della storia umana. Dove va il mondo? Ma soprattutto dove stiamo andando noi stessi? Che parte abbiamo avuto e possiamo avere in questa gigantesca recita planetaria? Dove finisce la nostra condizione di spettatori e comincia quella di attori? Perché la storia, a differenza di quanto può sembrare, non è uno spettacolo che avviene fuori di noi. Coscienti o no, siamo tutti in scena con le nostre convinzioni, le nostre azioni, le nostre idee. Non è già scritta, siamo noi che la creiamo, né possiamo astenerci o tirarcene fuori, poiché anche l’indifferenza alla politica, alle guerre e alle catastrofi ambientali è una forma (sia pure negativa) di partecipazione. Auguriamoci che nel 2015 questa consapevolezza della nostra responsabilità si allarghi fino a influenzare positivamente non solo le storie personali di ciascuno, ma gli eventi globali che comunque, per quanto possano apparire lontanissimi, ci riguardano da vicino.
In alto: il fumetto di Fabrizio Fabbri pubblicato su FRIGIDAIRE n.242, di maggio-giugno 2012.
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